Congregations, l’ultimo progetto di UNCLE, ha visto lo svolgersi a Milano l’evento pop-up Lingua Lunga. A fianco alle curatrici, Brenna Horrox e Ludovica Bulciolu, la piattaforma artistica queer TOMBOYS DON’T CRY ha aiutato a facilitare l’evento durante il quale variɜ performers LGBTQ+, artistɜ e creativɜ si sono riunitɜ in una giornata di comunità. Leggi il riassunto completo della giornata qui.
TOMBOYS DON’T CRY e’ stato fondato dall’artista Dafne Boggeri, dal DJ S/HE Mark Rebel e dalla fotografa Alien. Dal 2011, le fondatrici hanno “incoraggiato avventure diurne e notturne per lesbiche sotto effetto di ecstasy, wonder queers, assolutɜ principiantɜ e gxrls interrupted. Speriamo di favorire una agenda post-identity di ricerca, audio-visiva e performativa sperimentale, legata alla comunità LGBTQAIXYZ”.
UNCLE ha parlato con le fondatrici della storia del collettivo, i suoi albori ed eventi passati che le hanno portate a dove sono oggi, fino alla presentazione di Congregations con Lingua Lunga a fine estate a Milano.
PERCHÉ AVETE DECISO DI INIZIARE IL COLLETTIVO?
Nacque successivamente all’esperienza con Pornflake Queer Crew, il primo collettivo queer italiano cominciato all’inizio degli anni duemila, di cui Dafne e Mark facevano parte, e venne creato dal desiderio di una maggior rappresentazione all’intersezione tra arte, musica ed attivismo.
QUALI SONO ALCUNI EVENTI PASSATI CHE AVETE ORGANIZZATO?
Abbiamo lavorato a tantissimi progetti diversi negli anni, dall’organizzazione di feste, all’allestimento di un salone nail bar brutalista (in un bar, in istituzioni di arte contemporanea, in spazi gestiti da artisti e festival), a cartelloni pubblicitari, letture, esposizioni e pop-up per il nostro abbigliamento hackerato.
In anni recenti, abbiamo curato eventi che rappresentano i nostril valori fondamentali di sperimentazione e il bisogno di occupare spazi.
Abbiamo sovvertito alcune esposizioni invitando altrɜ artistɜ come modo per bypassare il sistema, le sue gerarchie ed approccio elitario. Per questo abbiamo curato la mostra di gruppo “BODY LANGUAGE” al FUORI Art Quadriennale 2022, al Palazzo delle Esposizioni a Roma. Un’iniziativa che sfidava le norme dell’istituzione. A seguire, c’e’ stata “SWITCH THE WITCH” a La Rada, Locarno, Svizzera, nel 2022 che ha esplorato temi quali alterita’, trasformazione, e realismo magico dal punto di vista transfemminista, enfatizzando sorellanza, differenze, e creatività come modo per guarire e allo stesso tempo riconoscere il trauma storico che continua ad influenzare le nostre vite.
Nel 2022 abbiamo iniziato a commemorare un momento significativo della lotta per i diritti umani in Italia. Il 5 aprile 1972, c’e’ stata la prima pubblica dimostrazione di dissenso da parte della comunità LGBTQ+, in risposta al Congresso Internazionale di Sessuologia CIS, che definiva l’omosessualità tra i “comportamenti umani sessualmente deviati”.
TUTTO QUELLO CHE NON C’É ANCORA, 2022, si e’ svolto a “La Fossa”, uno storico punto di passaggio nel centro di Milano. Nel mezzo di cambiamenti urbani e spinte verso la gentrificazione, questo luogo resta un luogo di transito e di incontri sessuali. Il raduno comprendeva una mostra diurna che e’ culminata in una XS XS rave queer di fronte a La Triennale di Milano, riprendendo lo spirito del 1972.
TUTTO QUELLO CHE NON C’É ANCORA, 2023, e’ stato organizzato al Parco di Porta Venezia, Milano, promuovendo delle letture informali queer, nelle quali le persone potevano spontaneamente riunirsi per leggere i loro pezzi preferiti. Questa e’ stata l’ode a una comunità e il modo di creare uno spazio per amplificare voci alternative. Lo spazio, all’interno di un gazebo ottagonale, e’ sempre accessibile fino all’orario di chiusura del parco.
Crediamo che questi eventi abbiamo lasciato un impatto significativo sulle persone che vi hanno partecipato, ispirando nuovi modi per coesistere.
PENSATE CHE L’ARTE E LA SCENA CULTURALE DI MILANO, RIFLETTANO LA CITTA’ E I SUOI ABITANTI?
C’e’ una preoccupante mancanza di pensiero critico ed analisi all’interno dello spazio culturale Milanese, o meglio un’intenzionale e discutibile direzione verso una saturazione eccessiva di contenuti.
La scena culturale ed artistica spesso opera in superficie, dove la superficialità e la continua ricerca di programmi sovraffollati portano a un eccesso di eventi che spesso mancano di una genuina connessione al territorio e alla comunità che dovrebbero servire. Manca supporto finanziario e network con altre entità nazionali ed internazionali, rendendo eventi ed iniziative dei fenomeni isolati che hanno lo scopo di intrattenere più che di supportare.
Questo comportamento e’ esacerbato ed una conseguenza del cosiddetto scenario politico di centro sinistra, spesso non esistente o pieno di controversie, che rende difficile vedere chiaramente chi sia chi e chi fa cosa.
Inoltre, la scarsità di spazi accessibili per prosperare e l’insufficiente supporto, possono forzare individui e gruppi in una corsa per ogni opportunità, a volte facendo compromessi che minano l’integrità’ del loro lavoro.
COME PUO’ QUESTA SCENA CAMBIARE PER IL MEGLIO?
Un futuro più luminoso per Milano puo’ avvenire solo con uno spirito collettivo di cambiamento.
Bisogna capire che gli spazi non sono semplici edifici, che si deve diversificare e democratizzare questi spazi. Sfidare il dominio delle istituzioni consolidate. Trasparenza e responsabilità sono vitali per far si che gli spazi culturali siano gestiti con gli interessi della comunità in mente.
Lɜ artistɜ devono affermare il loro ruolo di contributori indispensabili al tessuto della società contemporanea, e non come attori da sfruttare quando serve. Il loro lavoro va ben al di la’ dell’espressione estetica; esso modella l’identità e lo spirito di una città. Uno sforzo andrebbe fatto per ottenere riconoscimento, non solo nelle parole, ma in azioni tangibili e norme, al di la’ della retorica.
Questa sinergia possiede il potenziale per poter portare un futuro più luminoso.
DALLA VOSTRA FORMAZIONE, COME E’ CAMBIATA LA SCENA CREATIVA A MILANO?
Dalla nostra formazione, abbiamo assistito ad una trasformazione della scena creativa caratterizzata sia da sviluppi positivi che da sfide.
Un cambiamento significativo e’ stato il diminuire di spazi indipendenti per l’espressione culturale. Milano, come molte altre città, ha subito pressioni di gentrificazione e commercializzazione, che hanno reso sempre più difficile per artistɜ indipendentɜ ed attorɜ culturali assicurarsi spazi abbordabili. Questo cambiamento ha limitato la diversità di voci ed espressioni che una volta prosperavano in questi spazi, potenzialmente avendo un impatto negativo sulla ricchezza culturale della città.
E’ molto difficile sopravvivere in questo contesto, ma abbiamo trovato crescita nella consapevolezza del termine “queer”, portando a maggior inclusione, anche all’interno della stessa comunità LGBTQAI+, che nei primi anni 2000 faticava ad accettare chiunque al di fuori dello spettro binario.
CHE COSA HA ISPIRATO L’IDEAZIONE DEGLI EVENTI?
E’ iniziato tutto con l’invito delle curatrici Ludovica Bulciolu e Brenna Horrox a lavorare all’idea di spazi pubblici, il loro significato e come tradurli ed includerli nelle pratiche artistiche.
Nel raccogliere idee per l’evento, abbiamo deciso di creare qualcosa di locale ed interagire con uno spazio con il quale ci eravamo interfacciate precedentemente (una delle co-fondatrici di TBD, Dafne Boggeri, ha collaborato con loro in passato). Pensavamo di poter condividere una reciproca ispirazione: lo spazio giardino autogestito di Isola Pepe Verde, che ha ospitato l’evento, e’ uno degli ultimi giardini pubblici del quartiere Isola, a Milano, e ha una lunga storia artistica, con artistɜ che hanno occupato lo spazio per la prima volta nel 2001, con il nome di Isola Art Centre, promuovendo pratiche artistiche. Quando presentammo l’idea dell’evento ne furono entusiastɜ: un ritorno agli inizi con artistɜ, creatorɜ e musicistɜ, a ripopolare il giardino nuovamente.
L’Isola Pepe Verde rappresenta uno sforzo comunitario di reclamare e trasformare lo spazio pubblico. E’ presa in cura dal lavoro di moltɜ volontariɜ ed e’ il perfetto esempio di un luogo che esiste ancora nonostante l’aggressiva pianificazione urbana che sta avvenendo tutto intorno.
QUAL E’ LO SCOPO DELL’EVENTO?
Abbiamo simbolicamente trasformato l’entrata di Isola Pepe Verde in una grande bocca, nella quale le persone erano invitate ad entrare e coinvolte in conversazioni, azioni e ascolto in un ritrovo intergenerazionale.
Lo scopo era quello di creare un momento di co-esistenza e creare nuove narrative comunitarie che potessero poi essere condivise e usate come esperienza cardine per molte altre simili situazioni. Abbiamo incoraggiato le persone ad esplorare i loro sensi, movimenti e desideri tramite l’interrogazione di comportamenti sociali normativi imposti dalla gentrificazione e privatizzazione di spazi pubblici.
PERCHE’ L’EVENTO E’ STATO CHIAMATO ‘LINGUA LUNGA’?
Volevamo lavorare a qualcosa di locale, sia a livello geografico che concettuale. TOMBOYS DON’T CRY e’ una piattaforma queer e trans-femminista che lavora con sperimentazioni e cerca di sfidare gli atteggiamenti normativi e i modi di pensare. La nostra scelta del nome e’ originata dall’appropriazione di un termine colloquiale italiano che letteralmente viene tradotto in “long tongue” ma il cui significato e’ più simile a “loose tongue” or “big mouth” in inglese. Questo nome e’ usato come figura retorica per descrivere qualcuno con un ‘brutto atteggiamento’, qualcuno che non sa tenere per se le informazioni. Nel contesto dell’evento ‘Lingua Lunga’ cerca di riappropriarsi dell’espressione riferita alla deformità di una parte del corpo (appunto la lingua lunga) associata a pregiudizi e invece sfidando le connotazioni negative associate al termine.
COME POSSIAMO ESSERE CONSAPEVOLI IN UNO SPAZIO COME QUESTO?
Il nostro obiettivo più grande e’ quello di creare uno spazio sicuro in cui tuttɜ possono essere coinvoltɜ e contribuire positivamente all’atmosfera. Nel corso degli anni siamo stati in grado di costruire una comunità che ci unisce e che e’ attenta e rispettosa deglɜ altrɜ, non solo esseri umani, ma anche piante e in generale dell’ecosistema che ci circonda. Forse l’empatia e’ la chiave di tutto.
IN CHE MODO L’EVENTO E’ CONNESSO ALLA CITTA’ DI MILANO?
Il lavoro di TOMBOYS DON’T CRY si focalizza sulla scoperta e sul rimettere sulla mappa luoghi che sono dimenticati o non visti, e ci impegniamo molto a lavorare sul territorio attivandolo in modi sorprendenti e al contempo rispettosi.
In una città’ dove gIi spazi commerciali e privati hanno preso il sopravvento, Lingua Lunga offre un assaggio di un luogo verde per lo più non conosciuto, in uno dei quartieri più centrali e gentrificati della città.
L’evento affronta il carattere introverso di Milano tramite la creazione di un momento tangibile ed accessibile per l’espressione artistica, favorendo un senso di appartenenza.